Meridiana sonora, 1993-94
a cura di Marco Ferreri e Davide Mosconi
Design, Ino Chisesi
“(…) Questa meridiana segna le sette ore centrali della giornata, il tamburo grande segna il mezzogiorno.
Il tamburo solare, di forma conica con una sottile membrana di metallo saldata o cianfrinata alla base, esposto ai raggi del sole genera un suono.
L’aria contenuta all’interno del cono scaldandosi si espande e fa sì che la membrana dilatandosi suoni, un piccolo cambiamento di temperatura, anche solo l’ombra della casa, raffreddando l’aria provoca il risuono.
Con il nostro lavoro vogliamo dare voce all’architettura.
Il tamburo solare, membrafono in metallo che utilizza il calore come generatore del suono, non è citato nella storia della organologia, pensiamo perciò che uno strumento con queste caratteristiche non sia mai stato realizzato prima.
La nostra meridiana, con latitudine di Milano: 45° 27′ 59″, vive proiettando l’ombra dello stilo sulla superficie orizzontale del cortile, dove è stata segnata solamente la curva del solstizio d’estate, data la notevole altezza dello stilo.
Nell’incrocio tra la linea solstiziale e le linee orarie sono posizionati i tamburi solari, questi al compimento dell’ora saranno coperti dall’ombra dello stilo, in quel momento emetteranno un suono.”
TORRE CIVICA DI GIBELLINA, 1986 Progetto architettonico di Alessandro Mendini con Alchimia Progetto dei suoni di Davide Mosconi con Megaphone
La torre è situata nella piazza di Gibellina, accanto al municipio di Gregotti-Samonà, alla chiesa di Quaroni e alla casa del farmacista di Purini, nel piano verde del centro urbano elaborato da Unger.
Suo scopo, oltre a quello monumentale di richiamo visivo, è quello di emettere segnalazioni acustiche urbane: civili e religiose.
La torre in cemento a vista, alta venti metri, ha forme a tronco di cono (irregolare), tagliato verticalmente a metà in due parti distanziate fra loro con una fessura visibile. Una grande ala metallica a forma libera, laccata policroma (dieci metri), attraversa e congiunge alla sommità le due parti stesse. L’aspetto neo-moderno dell’opera deriva dalla elaborazione di una forma trilitica.
L’intero organismo architettonico, realizzato con un sottile guscio in calcestruzzo, é tutto concepito come uno strumento musicale, come una grande cassa armonica.
Il progetto di “segnalazione acustica urbana” si sviluppa attraverso tre ordini di altoparlanti: otto sulla cima paralleli al terreno, due dentro i vani della torre rivolti verso il basso, due piccoli alla base, nascosti nella parete ad altezza umana.
Il progetto musicale prevede che per cento anni i suoni emessi dalla torre saranno sempre diversi.
I suoni derivano dalla elaborazione di “grida siciliane” raccolte nel l’Istituto di antropologia dell’Università di Palermo, frammentate trattate e trasformate in “polvere sonora” vocale e corale (pescatori, venditori ambulanti, contadini, canti religiosi e pagani). La giornata è divisa in cinque momenti (6,30 – 8 – 12 – 17 – 20). Situazioni particolari sono programmate la domenica a mezzogiorno e per le ricorrenze speciali (con suoni aggiuntivi di campane, campanelli, folla, tromba …).
Gli altoparlanti sulla cima emettono i suoni principali udibili cinque chilometri, quelli dentro la torre emettono suoni “di compagnia” udibili solo sulla piazza e usati solo di festa, quelli ad altezza umana scandiscono in continuazione l’ora esatta e la parola “uno”, udibili solo quando si avvicina l’orecchio alla torre.
Uno Spettacolo di Luce
Nel dicembre 1979 il Teatro Comunale di Firenze incarica Bruno Munari di progettare uno spettacolo di luce per il concerto di Scriabin “Prometeo”, che sarà eseguito nello stesso teatro nel marzo 1980.
Considerando questa richiesta come un progetto di design, Munari chiama a partecipare alla progettazione Davide Mosconi, musicista, e Piero Castiglioni, esperto di illuminotecnica. La partecipazione degli esperti è indispensabile alla riuscita di un progetto.
La prima operazione progettuale consiste nell’ascolto attento della musica di Scriabin e nella lettura dei suoi testi in relazione allo spettacolo di luce.
Nelle intenzioni di Scriabin i suoni e le luci devono provocare simultaneamente nel pubblico una “attenzione divisa” come risulta dalle sue annotazioni che accompagnano la partitura musicale.
La seconda operazione consiste nello stabilire l’orientamento progettuale dello spettacolo di luce in base alle intenzioni di Scriabin, e in base anche alle possibilità attuali di mezzi luminosi di sorgenti di luce.
Si decide anche quello che lo spettacolo di luce NON deve essere; non luci sincronizzate con i suoni perché darebbe l’impressione della discoteca o dei cartoni animati e sarebbe troppo facile, troppo meccanico e freddo.
Ci si orienta su di una linea parallela alla qualità della musica ma su di un piano indipendente in modo che la percezione auditiva e quella visiva si integrino
a vicenda, come voleva Scriabin, e non siano una illustrazione dell’altra.
Definito il problema e orientata la progettazione, si rende necessaria la conoscenza di tutte le sorgenti di luce oggi esistenti. Tra queste si scelgono quelle possibili da usare in un teatro.
Conseguenza di questa scelta è lo studio del corpo bianco riflettente che accoglierà e renderà visibili le luci.
Si decide di progettare una superficie fatta di tante strisce verticali di tela bianca, tenute da un bastone in alto e uno in basso, appese al centro in modo che siano orientabili e distribuite su cinque livelli di profondità nel palcoscenico.
Agli occhi del pubblico questo fondale articolato sembrerà una superficie uniforme senza alcuna «figura» riconoscibile per concentrare l’attenzione sulle luci e non sulle forme del corpo che le accoglie.
Le sorgenti luminose saranno distribuite in basso dietro l’orchestra e il coro, ai lati dietro le quinte, in alto e dietro i teli bianchi.
Secondo la posizione delle luci e l’orientamento dei teli, si potranno avere effetti speciali.
Dopo aver provato e conosciuto ogni tipo di sorgente di luce, viene stabilito un elenco di possibilità combinatorie e di effetti possibili, dalla luce di Wood viola scuro appena percettibile alla luce delle Power Star, normalmente usate per illuminazione stradale.
Effetti particolari si otterranno con piccolissime lampadine (lucciole) e con fili di nichelcromo incandescenti.
Non restava che orchestrare queste luci e, in questo caso, l’intervento di Davide Mosconi è stato determinante. La durata dello spettacolo di luce è stata, ovviamente, la stessa del concerto: venti minuti.
Stabilita la partitura delle luci, disegnato un diagramma di tutti i tempi di accensione e di durata degli effetti luminosi in parallelo alla partitura musicale, il materiale e l’attrezzatura sono stati portati a Firenze dove, al teatro Comunale, si sono sistemate le luci ai posti previsti e, con la collaborazione del tecnico delle luci Guido Baroni, sono cominciate le prove durate qualche giorno.
Lo spettacolo è andato in scena dal 20 marzo al 3 aprile.
Davide Mosconi, Milano, 23 febbraio 1993
Sonorizzazione di ARCHITETTURA SUSSURRANTE di Alessandro Mendini, Triennale di Milano, 1979
“(…) una piccola costruzione che emette dai suoi muri tenui lamenti umani senza fine.(…) Dodici piccoli altoparlanti sono nascosti dentro alle quattro pareti a quota dell’orecchio del visitatore, che assieme può « vedere » e « ascoltare » questa piccola architettura parlante. Essa gli sussurra un lieve suono all’infinito, una triste nenia a nastro continuo.”
R. DALISI, A. MENDINI, D. MOSCONI, F. RAGGI, G. PESCE
Il corpo umano analizzato prima della de-finizione di fini funzionali, prima dell’azione dei filtri della cultura, prima della costrizione dentro la rigidità dei sistemi. .
Il corpo come strumento primario. Nell’accezione convenzionale, il corpo è considerato un impedimento o comunque un fattore trascurabile, della cui consapevolezza d’uso non ci si cura; in certe religioni il corpo è vissuto come una colpa, liberarsi della sua fisicità è un traguardo.
In un processo di azioni deintellettualizzate si può pensare ad una indagine del corpo inteso come strumento, prescindendo da culture specifiche, simulando e ripercorrendo il processo che va, progressivamente, dalla scoperta, all’uso finalizzato e non del proprio corpo. L’esito conoscitivo non è prevedibile, ma sarà determinabile via via a posteriori delle operazioni. Si potranno allora innescare processi di maggiore consapevolezza sull’uso e sulle possibilità strumentali del proprio corpo.
L’indagine può cominciare con un «inventario del corpo umano », dove il corpo umano è considerato come strumento per sopravvivere, per costruire, per comunicare, per teorizzare. Si pensa ad una classificazione generale sulle caratteristiche, sull’uso e sulle attività del corpo, tramite un catalogo visivo, un rilevamento senza fine dell’attività fisica diretta del corpo stesso.
L’inventario del corpo umano può portare ad una presa di coscienza del corpo come oggetto, nella sua duplice realtà fisica e mentale. Una sequenza base di schede campione può dare avvio ad una griglia continua, sempre più dettagliata e complessa.
IPOTESI PER UN INVENTARIO DEL CORPO UMANO RILEVAMENTO DEL CORPO
— Elenco delle parti. — Morfologia, rilievo, anatomia del corpo. — Il corpo come oggetto costruito. — I materiali del corpo: carne, peli, capelli, unghie … Il corpo come strumento. — Il corpo come energia (come macchina). — Le età. — Il feto. — L’invecchiamento. — Il cadavere. — Le razze. — L’evoluzione. — I .cinque sensi (vista, udito, gusto, tatto, olfatto). — Patologia del corpo. — Il corpo deformato. — La rappresentazione del corpo. — Bel-lezza.
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