Trittico dell'ombelico,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico dell'ombelico,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
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Trittico del mento,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico delle rose,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico delle rose,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico del fuoco,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico del fuoco,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico delle torte,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico delle torte,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico delle doppie esposizioni,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico delle doppie esposizioni,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico delle ombre #1,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico delle ombre #1,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico delle ombre #2,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico delle ombre #2,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico dei Bonbon,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Trittico dei Bonbon,1988-89. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
“Il mio lavoro è una ricerca costante sui concetti di coincidenza e casualità. I miei primi trittici erano basati sull’osservazione che diversi fotografi in periodi diversi della storia della fotografia hanno ritratto pressappoco lo stesso soggetto, pressappoco nello stesso modo. In quei primi progetti ho rifotografato due immagini simili realizzate da due fotografi diversi e le ho combinate con una terza, fatta da me in studio.”
La morte si manifesta, 1984. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
La morte si manifesta, 1984. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Tu le fai uno sberleffo, 1984. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
Tu le fai uno sberleffo, 1984. Trittico di polaroid, 61x51 cm ciascuna
“Il mio lavoro è una ricerca costante sui concetti di coincidenza e casualità. I miei primi trittici erano basati sull’osservazione che diversi fotografi in periodi diversi della storia della fotografia hanno ritratto pressappoco lo stesso soggetto, pressappoco nello stesso modo. In quei primi progetti ho rifotografato due immagini simili realizzate da due fotografi diversi e le ho combinate con una terza, fatta da me in studio.”
D.M.
In morte del padre (1984) è la prima serie di trittici realizzati con la polaroid.
5 Trittici di polaroid, 61×51 cm ciascuna.
“La morte si presenta”, “Tu gli fai uno sberleffo”, “Ma lei ti aspetta in camera da letto”, “E in un attimo”, “Ti porta in cielo”.
Giro del mondo, 1974. Polaroid 8 x 8 cm. su cartoline.
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Giro del mondo, 1974. Polaroid su cartolina. 12,9 x 22,8 cm.
Con il ciclo di opere dal titolo “Il giro del mondo: Landmarks” (1974), Davide Mosconi adottò in modo definitivo la tecnica Polaroid in quanto mezzo di decostruzione analitica dell’immagine fotografica. Base concettuale di questo ciclo fu un’installazione fotografica realizzata nello stesso anno che riproduceva, in scala reale, la mappatura di uno spazio espositivo attraverso un numero determinato di punti di osservazione mediati dall’inquadratura fotografica: “Rilevamento di 30 punti di vista all’interno di uno spazio adibito a galleria d’arte in Torino eseguito con fotografie Polaroid 8 x 8. Le fotografie sono appese nel punto esatto dove si trovava la macchina appoggiata all’occhio” (D.M.). “Il giro del mondo: Landmarks” applica invece la stessa logica di osservazione, riconducendola però a “images trouvées” preesistenti e neutre nella loro banalità funzionale: serie omogenee di cartoline postali che illustrano alcuni luoghi simbolici visitati dall’autore o legati a vario titolo alla sua biografia. Si enumerano almeno sei diversi soggetti: Milano (Domo), Bruxelles (Grand’Place e Hotel de Ville), Amsterdam (Magere Brug), London (Piccadilly Circus), Mexico (San Juan Teotihuacan), e Niagara Falls. Per ogni immagine di ciascuna cartolina Mosconi risalì al preciso punto prospettico dell’inquadratura e decise di scattare a sua volta una nuova fotografia nello stesso punto, rivolgendo però l’obiettivo verso il suolo (con una sola ma significativa eccezione: la prospettiva delle vedute aeree dei templi messicani di San Juan Teotihuacan gli suggerì invece di rivolgere l’obiettivo verso il cielo, a suggello di quanto i “cieli” risultino di fatto il tema figurativo più ricorrente nella fotografia di Mosconi). Il lavoro definitivo si compone così delle due fotografie sovrapposte l’una sull’altra, come se ciascuna immagine dovesse contenere, in sé, anche il proprio specchio negativo.
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